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Mik e la sua guerra psicologica



"In ogni conflitto, le manovre regolari portano allo scontro, e quelle imprevedibili alla vittoria.
Chi è abile nel sortire bizzarri stratagemmi è inesauribile come il Cielo,
la Terra e i grandi fiumi.
Giunto al termine riparte, come il sole e la luna; dopo morto rinasce, come le quattro stagioni."
Sunzi, L'arte della guerra (Ping Fa)

<>guerra


Sperimentazioni paradossali di possibili vie d’uscita e non perpetue assicurazioni
di salvezza da esistenze invivibili scritte da un Michele misterioso

Sono nato in un mondo, dove tutto cambia a una velocità spaventosa, in un paese in cui ho passato la mia
infanzia, cresciuto attraverso dolorose esperienze di lacerazione interiore il paese
in cui ho passato la mia infanzia, non sa più come si chiama. Non ho scelto di nascere e non
ho potuto evitare le “trappole della vita”: il tempo, lo spazio, il caso.
La miscela esplosiva all’inizio casuale
si è trasformata progressivamente in catena di bisogni
inesorabili e di condizionamenti gravosi.

Che cosa c’è nel mio nome? Quando da bambino ricopiavo con ammirazione e stupore le sillabe che racchiudevano
il mio nome e cercavo di indovinare quali presagi poteva racchiudere la sequenza sonora, e il disegno fantastico
delle lettere. Mi hanno detto:<<Michele, questo è il tuo nome >>Il che significa che appartiene solo a me e che
resterà mio anche quando l’età avrà cambiato perfino la forma del mio corpo, del mio volto e delle mie mani.
E quando alla fine, dopo che tutto avrò restituito il nulla resterà di me, solo una vecchia iscrizione
su un registro dello stato civile o  una cifra tra i segni,
in una la lapide di un cimitero per i posteri.


<>2012-03-20_092128



. . La natura mi ha inchiodato a precise fattezze fisiche e ascendenze famigliari, la società pretende di rinchiudermi in determinati parametri e leggi.
Entrambe cospirano nel trasformarmi in “individuo” sempre presente lucido, compatto ma soprattutto sempre uguale e responsabile
a cui imputare ogni azione. Il nome mi elargisce il certificato di esistenza e l'accesso al credito, ma in realtà serve soprattutto per non mettere in pericolo
gli equilibri collettivi concordati, quasi un sigillo di responsabilità. Faccio parte di  gruppo animale  costretto a sanzionare i meccanismi di riproduzione
mimetica e di attribuzione dell’identità. La mia personalità è il passaporto ,soltanto un modo di costruire me stesso
provvisorio,un artificio interiore e convenzionale frutto di segrete tendenze un “Michele” d’incosciente imitazione.
Ogni mia conoscenza è del resto  una costruzione umana o una “finzione” e nella normalità , ogni volta si adatta alle mutevoli divergenze come un camaleonte impazzito.
Sono queste le assurde costruzioni per operare  a possibilità di senso del mondo. A esse non corrisponde che la mia volontà di edificarlo , e di conseguenza,
arrivo a conoscere soltanto quello cui riesco a dare forma. Pregno di ambiguità che intrattengo con me e con gli altri.
Sembrerebbe una cosa mostruosa ma questa è la condizione di ognuno di noi stabile e inmutevole .
 Io “sono Michele” ma son anche una moltitudine di “altri Michele” repressi assopiti ribelli e dimenticati.
Costantemente impegnato
in una guerra psicologica con i miei ospiti.
Sono fantasmi simpatici, sgraditi, geni, romantici, poeti, musicisti, operai capaci di gesta eccezionali ma anche nefandi follie.
Quando Michele principale quello che comanda s’indebolisce o si frantuma, gli altri Micheliani esasperati dal lungo
esilio gli rivelano senza pietà la falsità e la meschinità della sua dittatura feroce e lo sostituiscono provvisoriamente.
La cosa affascinante che il Michele principale pensa di conoscersi e di conoscere molto bene i suoi ospiti ,e addirittura crede all’immagine molte volte errata che Mik e gli altri hanno di lui.
Una confederazione instabile di anime sotto un Io egemone.
La sua “normalità”, mentale, o “morale”non rappresenta solo che una piccola
parte di un risultato faticosamente raggiunto e virtualmente precario giacché il suo mantenimento esige un enorme dispendio di energie.
Nel suo cervello non vi è una pacifica convivenza ma una guerra civile senza esclusione di colpi, con un io tiranno che secondo le necessita
si allea ora con l’uno o con l’altro divide et impera, certo una lotta giustificata perché non spontanea giacché consapevole somma e confluenza di condizionamenti fisici e sociali secolari.
Tutta una finzione che cancella consapevolmente la vera essenza della sua persona.
Un vaso di Pandora ben sigillato.
A volte Michele ha la possibilità ,la fortuna o disgrazia di perdere contro i Micheliani ribelli,cede e come, un fiume in piena
travolge tutto e le sue rovinose ondate scombussolano il suo mondo, ed è allora che finalmente dopo aver quasi distrutto temporaneamente ogni conflitto,
raggiunge una conoscenza terribile ma incredibilmente vera in cui ciò che lo trattiene al quieto vivere, svanisce , e
finalmente dopo aver quasi distrutto temporaneamente ogni conflitto, scopre che si può vivere senza sentirsi un altro.
Dimessosi da se stesso, uscito dal gioco delle parti, diventato una maschera nuda,rinuncia alla finzione e all’assurdo lascia che entri in lui
la serena e calma determinazione di essere vero.
Un nuovo essere finalmente
in comunione con la natura che ha ritrovato la pace nel contatto con l’oceano stupendo della vita.


saifur

Per un attimo senza più la guerra.
Un umile abdicazione al proprio trascorso. Non più una marionetta cui è affidata una seconda parte monotona e assurda.
il rovescio della medaglia, agli occhi degli altri significa essere schedati come pazzoidi, portatori di un berretto
a sonagli,imprevedibili. Pericolosi divulgatori delle segrete verità di ciascuno che minano la civile convivenza.
Per un attimo senza più la guerra. 
Una volta riappacificato il pensiero e alleviato il senso di vertigine può assaporare finalmente la freschezza del proprio
nascere e morire in ogni momento, e perdersi e ritrovarsi nell’incostante provvisorietà e squilibrio del tempo.
Solo un attimo.
L’esistenza non è più insensata ma zampilla ininterrottamente, ricadendo su se stessa e modificando come l’acqua in un continuo di variazioni  musicali.
E finalmente
 nella contemplazione del mondo si gusta , la deliziosa danza della regressione al regno minerale o vegetale , ricominciando ogni giorno a nascere con un vero inizio

Miksocrate





mf

UN MILLESIMO DI SECONDO

TIME
Guardando le fotografie di Roberto Salvaterra, per fare onore al mio sopranome mi son chiesto perché l’immagine della vita è sempre più dolorosa della vita stessa? Perché si piange su un ritratto e mai su un volto reale? Perché devono essere le immagini a restituirmi la verità delle cose amate fra le quali sono vissuto ?. Forse, perché l’immagine essendo il segno delle cose ne richiama l’essenza, e nello stesso tempo la mancanza dell’oggetto  in quell’istante particolare ci indica la sua scomparsa per poi restituircela nello splendido simulacro del suo dono infinito . Ma è necessaria un’immagine per raggiungere la verità sulla nostra vita?No di certo, è pura illusione un'immagine offerta e sottratta  per renderci  l’oggetto più desiderabile  ma nello stesso tempo  insopportabile e straziante in quanto perduto. Ecco in cosa consiste la verità dell’immagine. Da ex fotografo vi dico che: se l’immagine è più vera (più vera perché commovente e smaccatamente impietosa) della realtà, e perché solo la memoria permette di cogliere il pathos dell’esistenza, e ci costringe a guardare e riguardare tentando di correggere i difetti e i torti subiti nella nostra vita sapendo che, ormai non è più possibile tornare indietro. È come un sentimento velato di stupore e di rabbia che ci invade per aver vissuto quasi nell’indifferenza la nostra vita. A volte ci si promette di svegliarsi domani e come d’incanto di sorridere alle persone amate  sperando segretamente che quel immagine di un



Un solo attimo foto trovata in un cassetto

millesimo di secondo rimanga nella loro memoria .  La tecnologia ci dà l’illusione di ridurre il tempo  e può vedere ciò che l’occhio non è  in grado o non ha voluto vedere,e il fatto stesso di  fermare un soggetto nel tempo fa assumere allo stesso un significato che non ha.  Ecco che a un tratto si è colti dalla scandalosa bellezza di ciò che si sta guardando(teoria di Mik ,i quanti secondo la mia interpretazione pazzoide e  filosofica) un piccolo frammento di realtà appiattito dentro un riquadro diventa una cosa ben più profonda della vita stessa e ci riporta a odiare e amare con tenerezza quel grande tiranno che è il tempo ,scoprendo che solo per un attimo possiamo riprenderci una piccola, anche se illusoria rivincita su un passato che non ritornerà mai più. Ecco la grandezza di un fotografo riuscire a essere consapevole che si sta sfidando il tempo con le sue stesse armi,sapendo fin dall’inizio che lui vincerà sempre- Se il tempo incontrasse uno specchio sarebbe la sua fine  perché il tempo non sopporta la sua immagine è come  una femmina narciso e lo sa. Chiedersi se le fotografie di Roberto Salvaterra siano arte, vuol dire rovesciare i termini della questione, è l’arte che non è niente se non tocca ciò di cui queste fotografie sono testimonianza. 

                                                                                   Miksocrate 
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