Post

Dopo il dolore la Gioia!






Lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori?




"Io non so perché venni al mondo; né come; né cosa sia il mondo; né cosa io stesso mai sia. E s'io corro ad investigarlo, mi ritorno confuso di una ignoranza sempre più spaventosa. Non so cosa sia il mio corpo, i miei sensi, l'anima mia; e questa stessa parte di me che pensa ciò ch'io scrivo, e che medita sopra di tutto e sopra se stessa, non può conoscersi mai. Invano io penso di misurare con la mente questi immensi spazi dell'universo che mi circondano. Mi trovo come attaccato a un piccolo angolo di uno spazio incomprensibile, senza sapere perché sono collocato piuttosto qui che altrove; o perché questo breve tempo della mia esistenza sia assegnato piuttosto a questo momento dell'eternità che a tutti quelli che precedevano, e che seguiranno. Io non vedo da tutte le parti altro che infinità le quali mi assorbono come un atomo. 
(20 marzo 1799)

Le ultime lettere di Jacopo Ortis-Ugo Foscolo



sheikh mehedi morshed taef
Photo by  পথের


Nel momento stesso in cui si muore cessa il nostro appartenere agli umani e torniamo a casa a far parte del tutto, dal momento che si viene al mondo, questa è l’unica certezza. Moltissimi scrittori, poeti hanno cercato di raccontare la morte, il morire, ma per me uno solo si è accostato alla verità. Questa estate ho letto un piccolo capolavoro di Lev N. Tolstoj

 




Vi suggerisco un brano dei più sublimi.Se la morte parlasse questa sarebbe la sua voce 



Di colpo gli fu chiaro che ciò che lo tormentava senza
lasciarlo libero si era improvvisamente staccato,da due parti, da dieci, da tutte.
Provava pietà per loro, voleva fare in modo che non soffrissero
Doveva liberarli e liberare se stesso da quelle sofferenze.”Com’è bello, com’è semplice,-pensò.
-E il dolore?-si domandò. –Dov’è andato? Dove sei dolore?”
Si mise in ascolto.
“Ah, eccolo.Non importa, rimani pure.”
E la morte, dov’è?
Cercò la sua solita paura della morte, ma non la trovò.
Dov’era? Quale morte? Non aveva alcuna paura, perché non c’era alcuna morte.
Al suo posto, la luce.
_Ah!- esclamò d’un tratto a voce alta.-Che gioia!
Avvenne tutto in un attimo e il significato di quell’attimo non cambiò più.
Per i famigliari la sua agonia durò ancora due ore,Qualcosa gorgogliava nel suo petto; il corpo
sfinito sussultava.Poi il gorgoglio e i rantoli si fecero più rari.
_È finita!- pronunciò qualcuno sopra di lui.
Egli udì quelle parole e le ripeté nel proprio animo.
“Finita la morte, – disse a se stesso.- Non c’è più.”
Trasse un respiro, si fermò a metà, si distese e morì.

Lev N Tolstoj

l.gargano
photo by L.Gargano

Avevo paura…  Aveva paura,ma perché?Non c’era alcuna morte.Al suo posto, la luce.”Ah l-esclamò d’un tratto a voce alta.-Che gioia!”……
Nel momento più duro di dolore e smarrimento per la perdita di una persona cara ho ripensato con conforto a questo brano conclusivo del racconto di Lev. A questo straordinario scrittore va tutta la mia gratitudine per quella luce di speranza non so dire cosa se  la fede mi manca, ma in definitiva ha avuto la forza a trasmettere la gioia di un balsamica pace interiore. Ebbro di felicità e di infelicità, nello stesso momento. Ebbro di morte e di immortalità

Miksocrate



mf

Io sono il capitano della mia anima.



 in memoria


Questo è quello che….avresti voluto dire
 


Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come il pozzo senza fondo che va da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio possa esistere
Per la mia anima indomabile.

Nella stretta morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato
Sotto i colpi avversi della sorte
Il mio capo sanguina, ma non si china.

Oltre questo luogo di rabbia e lacrime
Incombe solo l'orrore dell'ombra
Eppure, la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.




William Ernest Henley



/div>

For recent departed Riccardo Carbognin






Ciao Fratello mio…

  Miksocrate 



mf

Non servon più le stelle





kio8967yt639_mini
Photo By Nick Brandt.





 

FUNERAL BLUES


Stop all the clocks, cut off the telephone, 
Prevent he dog from barking with a juicy bone, 
Silence the pianos and with muffled drum 
Bring out the coffin, let the mourners come.



Let aeroplanes circle moaning overhead 
Scribbling on the sky the message He Is Dead, 
Put crêpe bows round the white necks of the public doves,  
Let the traffic policemen wear black cotton gloves.



He was my North, my South, my East and West, 
My working week and my Sunday rest, 
My noon, my midnight, my talk, my song; 
I thought that love would last for ever: I was wrong.



The stars are not wanted now: put out every one; 
Pack up the moon and dismantle the sun; 
Pour away the ocean and sweep up the wood; 
For nothing now can ever come to any good.



Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono, 
fate tacere il cane con un osso succulento, 
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato 
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.



Incrocino aeroplani lamentosi lassù 
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto, 
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni, 
i vigili si mettano guanti di tela nera.



Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest, 
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica, 
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto; 
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.



Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte; 
imballate la luna, smontate pure il sole; 
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco; 
perché ormai più nulla può giovare



W.H. Auden












titti_mini

Miksocrate

mf

Felicità Interna Lorda





“Spendiamo milioni e milioni per cercare acqua su Marte
e non facciamo niente per conservarla quì
e per cercarne di più per quelli che hanno sete.”
(José Luis Sampedro, “La senda del drago



brigitte
Photo by Brigitte  

I costi di Mario
Quanti sono gli arcangeli della pace che ci difendono
dai demoni della guerra? Cinque.
I cinque paesi che hanno diritto di veto nel
Consiglio di Sicurezza
della Nazioni Unite. E quei custodi della pace sono, inoltre,
i principali fabbricanti di armi. Siamo in buone mani.
E quanti sono i padroni della democrazia?
I popoli votano, ma i banchieri vietano. Una monarchia
da tripla corona unita regna sul mondo. Cinque paesi prendono
le decisioni al Fondo Monetario Internazionale.
Alla Banca Mondiale, comandano in sette.
Nell’ Organizzazione Mondiale del Commercio, tutti i paesi
hanno diritto di voto, ma non si vota
mai. Queste organizzazioni, che pilotano
il mondo, meritano la nostra gratitudine: loro affondano
i nostri paesi, ma poi ci vendono salvagente di piombo.

Eduardo Galeano
Trad.di M.F.

Il termine "Felicità Interna Lorda", si vuole coniato dal re del Buthan a metà anni '80, che si rifaceva ironicamente al concetto economico di PIL.


buthan_mini
Buthan
.

Il Dalai Lama lo ha  "adottato" come parametro di riferimento.
Il FIL predica di fatto uno sviluppo dell'economia che possa avere come fine quello di farci raggiungere la piena e consapevole felicità.
Il Bhutan. è un piccolo stato sperduto sulle montagne asiatiche
per i parametri occidentali basati sul PIL (Prodotto interno lordo),  risulta essere una delle nazioni più povere della terra;
in realtà qui nessuno muore di fame, non esistono mendicanti, né criminalità,la depressione è sconosciuta e
il 97 % della popolazione ha accesso gratis alla sanità e all’istruzione pubblica,.
In occidente si canta sempre di meno, ci avete fatto caso?
Se qualcuno lo fa per strada, di sicuro è un extracomunitario a caccia di un soldo per il pranzo o
un pazzo che insegue un sogno volato via, sempre più distante, perfino da se stesso.




2012-06-09_201954
photo by /sholgk/


Per sentir cantare, la gente
affolla gli stadi, o accende un apparecchio elettrico, paga un biglietto, una tassa o un tributo.
Siamo diventati persone molto sane, con i piedi ben saldi per terra.
Abbiamo smesso di danzare, in un certo momento della nostra storia,
di inseguire dei sogni per strada,
di cantare o piangere senza motivo (perché sì, perché si ha voglia di cantare e basta), di farci travolgere dalla bellezza,
dalla passione, dal dolore altrui e dalla sofferenza di casa nostra, che nascondiamo sotto tappeti
di perbenismo e di un’assordante indolenza emozionale.
Per i greci (quelli dell’età classica ), saremmo pressappoco dei menomati. Noi invece ci consoliamo con le cifre del PIL.
Sarà per questo che a nessuno viene più voglia di cantare.


2012-06-09_202539
photo by /sholgk/


Il Dalai Lama è un convinto sostenitore della FIL.
A questo proposito ha dichiarato:
«Come buddhista, sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità.
Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali.
Penso ad una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione
della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza.
Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità.
Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità».






"Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare indefinitamente in un mondo finito è un folle, o un economista”
Lo sviluppo non si è mai sganciato dalla (errata) convinzione che il benessere
di un Paese passa dalla crescita del suo Prodotto Interno Lordo.
Sotto quest’aspetto si da scontato che un innalzamento di questo indicatore corrisponda ad un miglioramento delle condizioni di vita.
Questa ricerca di miglioramento ha assunto anche un valore etico; accumulare il più possibile rappresenta una vera morale oggettiva

Lavora sempre più intensamente, produci sempre di più, senza sapere cosa caz..stai facendo
 consuma in definitivamente come se tu dovessi morire domani, e tuttavia risparmia e investi senza limiti! Inquina senza ritegno tanto chi se ne frega, caga sul marciapiede, fai figli così ti realizzi, non usare più le mani. Riempi il mondo di grandi imprenditori che non sanno neanche fare la spesa in un supermercato, poi appena s’inceppa questo tuo modo di vivere chiama gli economisti che loro si sanno cosa fare.

Le tue discariche sono monumenti all’idiozia, bruci in pochi anni quello che il tuo unico pianeta ha prodotto in milioni di anni, poi piangi se il fiume cerca di raggiungere il mare. Tu continua a “crescere senza limiti”.Tutti i tuoi simili vogliono un’auto quattro televisori e l’immancabile cellulare chi per distinguersi tre o quattro, non ti preoccupare il petrolio finirà ma chi se ne frega.

La tua società della crescita ha legato il suo destino ad un’organizzazione fondata sull’accumulazione.
Illimitata e non appena vi sarà un rallentamento farai una guerra.
Per sopravvivere il tuo sistema ha bisogno di alcuni ingredienti come la pubblicità e l’obsolescenza dei prodotti.

Il primo elemento costituisce il secondo bilancio mondiale dopo gli armamenti, mentre il secondo elemento rappresenta l’arma cruciale del consumismo, tempi di vita dei tuoi oggetti sempre più brevi e costi di riparazione eccessivi.

Tutto questo contribuisce ad intasare il tuo pianeta con montagne di frigoriferi, lavastoviglie e telefonini, avanti così vai benissimo Poi intasi la comunicazione con balle sulle catastrofi naturali e ai cambiamenti climatici, ma vaffan..

Le tue eterne guerre per il petrolio in attesa di quella definitiva per l’acqua pura, quella del tuo paese ormai è perduta..continua a pisciarci dentro e a farci cagare i maiali.
Purtroppo sei malato sei, un tossicodipendente della crescita. E come tutti i tossici non lo ammetterai mai.
E con i tossicodipendenti non serve un economista ma un bravo dottore.
Primo passo che tu ti renda conto e ti allontani dalle brutte compagnie.....




2012-06-19_20093gyu34_mini
photo in attesa di conferma


Vi consiglio  l’intervista a Josè Luis Sampedro,
un signore ottantenne, di professione filosofo. ho deciso di fare un parallelo un po' forzato fra il FIL e il pensiero di Jose
A una giornalista che gli chiedeva quale fosse il segreto per mantenersi così in forma, lui rispose:
“faccio tutti i giorni i miei esercizi di libertà.
Prima di andare a letto, la sera, mi chiedo: quale regola ho trasgredito oggi, per cosa mi sono battuto, quali rospi mi sono rifiutato di ingoiare?
Se poi scopro che non ho fatto nulla di tutto ciò, mi rivesto, esco per strada e attraverso col rosso.”
Se c’è qualcosa che caratterizza Josè Luis Sampedro, è il coraggio delle sue idee.
E la totale assenza di peli sulla lingua, che da sempre funge da bastone castigamatti in una Spagna (forse dovrei dire in un’Europa)
dove i matti tendono sempre a risalire dalle tombe in cui la storia li aveva confinati,
e da qualche tempo una pericolosa dislessia politica s’aggira come un fantasma sulle poltroncine ciarliere dei salotti radical – chic.
Sampedro ha scritto una lettera al Presidente spagnolo, la massima autorità politica del suo paese, che comincia in questo modo:
“Caro Signor Presidente, lei è un figlio di put... Lei e tutti i suoi ministri.
Ha cambiato la costituzione senza consultare il popolo sovrano
E finisce così.
(…) Mi auguro soltanto che la nostra società un giorno si ribelli,  si decida ad uscire per strada,
tutti quanti, a prendere in mano i poteri pubblici, a proclamare un’assemblea costituente, a convocare a pubblico
referendum sulla riforma dello Stato, a sciogliere i partiti politici attuali i quali saranno costretti a rifondarsi in partiti
rispondenti alla loro ideologia politica e non alle convenienze economiche, a stabilire un sistema di elezioni davvero
democratiche, a liberarci dalla trappola della moneta tedesca (chiamata da alcuni Euro)…
Quando tutto ciò accadrà, spero lei sarà in viaggio verso Berlino, in esilio. In caso contrario, credo saranno per lei guai seri.”
José Luis Sampedro
Immaginate una lettere del genere spedita al nostro presidente  da un vecchietto intellettuale italico
Quando si dice parlare chiaro.
qui il testo originale
P.S.solo una bozza post in lavorazione scusate per eventuali errori scritto in situazioni precarie...
Per commentare https://www.facebook.com/miksocrate
Miksocrate

Kigheghe si fermerà per il periodo estivo per riprendere
con più energia, spero ancora più bello. Grazie a tutti voi per questi dieci mesi da favola



mf

Agonia collettiva



“La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni.
Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.
Albert Camus, L'uomo in rivolta, 1951”


tubi miksocrate
photo by Michele Fedele

Alcuni attribuiscono i nostri attuali problemi a un complotto organizzato.
Magari fosse così semplice! I membri di una congiura si possono identificare e neutralizzare e assicurare alla giustizia.
Questo sistema, invece , è alimentato da qualcosa molto più pericoloso di un complotto.
Non è un gruppo di uomini a guidarlo, bensì un idea accettata come vangelo: l’idea che qualunque crescita
economica giovi all’umanità e che più aumenta la crescita , più diffusi siano i benefici.
Quest’idea ha un corollario: chi eccelle nell’alimentare il fuoco della crescita economica dev’essere
esaltato e ricompensato , mentre chi è nato ai margini può essere sfruttato.
In molti paesi la crescita economica va esclusivamente a vantaggio di pochi  con condizioni inversamente proporzionali per la maggioranza della popolazione.
Quest’idea di consumo ingordo delle risorse crea un vortice in cui ruotano grandi capitali , malavita, armi, servizi segreti, fondi sovrani,
e veri professionisti del debito che alimentano la spaventosa corruzione sistematica.
Se quest’idea perde colpi o si è titubanti ad accettarla o il popolo esasperato accenna a
una rivolta, entrano in azione le armi, i mercanti, l’esercito e scoppia puntuale una guerra per ristabilire l’ordine costituito.
Quando l’uomo viene premiato per la sua avidità,
quando insegniamo ai nostri figli a emulare personaggi che conducono una vita senza regole,
e quando stabiliamo che enormi porzioni di popolazione devono lavorare
per avere nel supermercato sotto casa un frutto tropicale raro, la nostra enorme ingordigia per ogni cosa , creiamo esattamente il clima ideale per questo virus.
Per battere quest’ idea fortemente radicata , questo modo di pensare molto diffuso, e appiattito sulla dimensione mercantile
o contrattualistica della nostra vita; per sconfiggere tutto ciò ci vuole una grande e nobile idea .
combattere per questa idea è la vera  rivoluzione.

. La rivoluzione in Camus è intesa come ricerca interiore di equilibrio e azione creatrice e non violenta,
unica possibilità data all'uomo per trovare una risposta sempre negatagli dall'indifferenza di un mondo assurdo dominato
dall’avidità e dal non-senso, similmente a come esposto nel “Il mito di Sisifo
“Lo schiavo inizia a chiedere giustizia e finisce col volere portare una corona”. A sua volta, deve dominare.
Nel suo sforzo maggiore l'uomo può soltanto proporsi di diminuire aritmeticamente il dolore del mondo


Ho allegato di seguito un testo estrapolato dal saggio”L’uomo in rivolta” del mio amico Albert Camus


muie
Photo by Eric Laffougue

Intorno al braciere divorante,
battaglie d’ombre s’agitano un attimo, poi scompaiono; e alcuni ciechi, toccandosi le palpebre,
gridano che questa è la storia. Gli omini d’Europa, abbandonati alle ombre, si sono distolti dal punto fisso e irraggiante.
Scordano il presente per l’avvenire, la preda degli esseri per il fumo della potenza,
la miseria dei sobborghi per una città radiosa, la giustizia quotidiana per una vana terra promessa.
Disperano della libertà delle persone vanno fantasticando di una strana libertà della specie;
rifiutano la morte solitaria, e chiamano libertà una prodigiosa agonia collettiva.
Non credono più a ciò che è, al mondo e all’uomo vivo; l’Europa non ama più la vita, questo è il suo segreto.
I suoi ciechi hanno creduto puerilmente che amare un solo giorno di vita equivalesse a giustificare i secoli d"oppressione.
Per questo hanno voluto cancellare la gioia dalla, scena del mondo, e rimandarla a più tardi.
L’impazienza dei limiti,il rifiuto del loro duplice essere, la disperazione d’essere uomini li hanno gettati infine in una dismisura inumana.

mikfed1
Photo by Michele Fedele

-Negando la giusta grandezza della vita, hanno dovuto puntare tutto sulla propria eccellenza. 
In mancanza di meglio, hanno divinizzato se stessi e la loro sciagura ha avuto inizio: questi dei hanno gli occhi squarciati.
 Kaliayev, e i suoi fratelli del mondo intero, rifiutano invece divinità poiché respingono il potere illimitato di dare la morte.
Eleggono, e ci danno ad esempio, la sola regola che sia oggi originale: imparare a vivere, a morire e, per essere uomo, rifiutare di essere dio.
Al meriggio del pensiero, l’uomo in rivolta rifiuta così la divinità per condividere le lotte e la sorte comune.
Sceglieremo Itaca, la terra fedele, il pensiero audace e frugale , l’azione lucida, la generosità dell’uomo che sa.
Nella luce, il mondo resta il nostro primo e ultimo amore. I nostri fratelli respirano sotto il nostro stesso cielo, la giustizia è viva.

Allora nasce la gioia strana che aiuta a vivere e a morire e che rifiuteremo ormai di rimandare a più tardi.
Sulla terra dolorante, essa è la gramigna instancabile, l’amaro nutrimento, il vento duro venuto dai mari, l’antica e nuova aurora.
Con lei, rifaremo l’anima di questo tempo e un’Europa che, essa, non escluderà nulla.
Né quel fantasma, Nietzsche, che per dodici anni‘ dopo il suo crollo,
l’Occidente andava a visitare ‘come l’immagine folgorata della sua più alta coscienza e del suo nichilismo; né quel profeta
della giustizia senza tenerezza che riposa, per errore, nel recinto dei miscredenti al cimitero di Highgate; né la mummia deificata dell’uomo
d’azione nella sua teca di vetro, né cosa alcuna di ciò che l’intelligenza e l’energia d’Europa hanno fornito senza posa all’orgoglio di un tempo miserabile.
Tutti possono rivivere infatti, accanto ai sacrificati del 1905, ma a condizione di capire che si correggono l’un l’altro e che tutti,nel sole, li ferma un limite.
Ognuno dice all’altro che non è Dio; qui termina il romanticismo.
In quest’ora in cui ognuno di noi deve tendere l’arco per rifare la prova, per conquistare, entro
e contro la storia, quanto già possiede, la magra messe dei suoi campi, il breve amore
di questa terra; nell’ora in cui nasce infine un uomo,
bisogna lasciare l’epoca e i suoi furori adolescenti.


mn
photo by Mashroor Nitol


L’arco
si torce, il legno stride.
 Al sommo della più alta tensione scaturirà lo slancio di una dritta freccia, dal tratto più
duro e più libero.

liberamente tratto da “l’uomo in rivolta” di Albert Camus


Miksocrate




mf

Bentornato a casa amico

(…) E fu più o meno
da quel momento, che volli tornare indietro. Tornare
per trovare l’origine. Una porta. Per ricominciare
tutto di nuovo, ma in un altro modo. Tornare
per ritrovare l’inizio – e me stesso tramite esso

Vera Lúcia de Oliveira

boydtt

Quel viaggio cominciò ad avere senso solo davanti alla cattedrale di Asmara.
Erano vent’anni che non calpestavo il marciapiede di corso Godena Harenet ( un tempo viale Hailè Sellassiè I), e se qualcuno mi avesse chiesto quello stesso mattino se pensavo di tornare a calpestarlo dopo tanto tempo gli avrei risposto :”Neanche morto”.Comunque non ero morto e ,tutto avevo fatto per non tornare ,per non dovermi confrontare con il mio passato senza più certezze vagando nella malinconia.
Nonostante tutta la mia disabitata presenza mi ritrovavo nuovamente lì, sotto un sole implacabile e circondato da una splendida vegetazione che sembrava contagiata dal sogno. La vecchia Asmara acquattata sull’altipiano respirava la tranquilla aria tersa di sempre, quella calma che era ormai un lontano ricordo nel resto dell’Africa, flagellato da una guerra infinita. Asmara sembrava rimasta al margine, congelata nell’ ricordo dei miei quindici anni, benché quella calma fosse un inganno sapevo che la memoria è incline alla menzogna e , se mi sforzavo di farlo, potevo ricordare che nell’Eritrea della mia infanzia e adolescenza si sentiva l’eco degli spari di un’altra guerra. Allora come adesso, la violenza e l’allegria si mescolavano vorticosamente nella vita degli Asmarini, colmandola di sangue,sogni e passioni. Come nel testo di un bolero.

photo by  Sheikh Mehedi Morshe


Se era la pace ciò che cercavo inconsciamente tornando ad Asmara, risultava chiaro ormai che una barriera d’ansia le impediva di pervadere il mio spirito. La quiete della stanza dell’albergo Italia, lungi dal tranquillizzarmi finiva per darmi un senso di oppressione al petto e l’aria tersa e chiara di quel fresco tramonto non faceva che aumentare la mia ansia.
Poi durante la notte, un vago rumore di tamburi e nenie dimenticate che sembrava aleggiare nella città e agitava le ombre del passato come un palpitare antico e minaccioso popolò i miei sogni di confuse vicende dalle quali non riuscivo a uscire se non svegliandomi di soprassalto, con il cuore che batteva all’impazzata come gli invisibili fantasmi di guerrieri che circondavano la città.L’indomani mattina armato come un fotoreporter decisi di fare una passeggiate e, quasi senza rendermene conto, le gambe mi portavano nei luoghi dell’infanzia, fino ad arrivare  al mercato. Li se ne stavano appostati i commercianti che offrivano le loro variopinte mercanzie. Affilatori di forbici,calzolai, sarti,mendicanti ,dispensatori di consigli, ogni cosa per il rimedio, meno per quel male che io portavo da lontano la tristezza. Lasciai il mercato e le mie gambe quasi telecomandate mi portarono in tutti quei luoghi che per tanto tempo avevano albergato i miei sogni. Fu allora che andai a sbattere il muso contro il passato Tesfai. Si avvicino con un fugace sorriso, subito mi resi conto che non mi aveva riconosciuto perché cominciò a sciorinare la solita manfrina degli indigeni a caccia di turisti. Il mio accento italoasmarino, dopo tanti anni passati in Italia era appena percettibile e potevo dunque benissimo essere scambiato per uno dei tanti turisti irresponsabili in cerca di emozioni forti.
Mi parlò delle bellezze di Massawa, delle isole Dahlac, della possibilità di fare escursioni e immersioni. Già che c’era non mancò neppure di invitarmi a conoscere un amica amante. Io lo ascoltavo e intanto studiavo il suo volto, sul quale il trascorrere del tempo aveva lasciato ben poche tracce.


photo by Nick Brandt

Gli stessi capelli crespi, gli stessi baffi, la stessa serietà da uomo retto dietro cui si nascondeva lo sfaccendato sempre pronto a far baldoria.
“com’è che non invecchi mai, Tesfai?” lo interruppi.”” Hai fatto un patto con il diavolo”………..Mikiel sei proprio tu uwai… woddaitey!. Porco cane come stai?mamma Aregash come sta?
Andiamo a casa mia...
Due lacrime silenziose solcarono il mio volto...
Bentornato a casa amico mio.
Miksocrate
mf

I trentatré nomi di Dio secondo Mick


Ho scritto una lista di trentatré nomi che per me dicono Dio, divertitevi anche voi andando nella pagina dei  commenti del blog , ognuno ha il suo mondo ....quello che vien fuori è una parte di noi stessi profonda di quel momento e in quel luogo, che potrebbe aiutarci a vivere la vita sotto una luce diversa, mi riprometto di aggiornare costantemente la lista per controllare se dopo un po’ di tempo i miei valori saranno cambiati. I trentatré? Un motivo personale, potrebbero essere i trentatremila o gli Infiniti. Quel libro di nomi collettivo che tutti gli esseri passati e futuri hanno scritto o potranno scrivere: ma che, allo stesso tempo inevitabilmente, si concentra in quel' unico nome il N° 3 che è una sola parola: «Il pane».Sono nomi che come frantumi saltati via da una roccia compatta, esplodono dalla superficie troppo liscia : e varrà dunque la pena tenerseli in tasca o portarli con se,per trovarsi forse un mattino davanti al nulla in solitudine a pronunciare i propri nomi di un Dio, come un
tentativo per dare un volto a ciò che tutti i volti ha o nessuno. Tutto scorre...


elefant
foto in attesa di conferma dal proprietario





africa ocean


1. lo sguardo di una madre verso il figlio
2.il mare al mattino
3. il pane
4. il sorso dell’acqua
5. il suono delle onde
6. un isola sperduta
7. il deserto
8. il volo di un condor
9. la fiamma rossa nel focolare
10. l’erba appena nata
11. la sabbia ,la terra appena arata
12. la lacrima silenziosa
13. il silenzio
14. le mani di un lavoratore
15. il suono del violoncello
16. il sonno in un letto
17. il sorriso triste
18.il sole che sorge e il sole che muore
19. il lampo silenzioso e il suono fragoroso
20. il silenzio fra due amici
21. la savana all’alba
23. la felicità di un cane
24. il cavallo che corre libero
25. la pioggia
26. il vento leggero di mare
27. la neve che cade
28. il gatto solitario nella notte silenziosa
29. la notte di stelle
30. madre
31.i fiori che spuntano dalla terra a primavera
32.  oasi
33. il sonno di un bimbo

silenzio





Miksocrate


mf work in progress

Special people



Il silenzio è sempre gravido di un futuro immediato
Il problema è non sapere se è un grido o una canzone



Gente necessaria

bimbo
C’è gente che col solo pronunciare una parola
accende l’illusione e le campane
che col solo sorriso tra gli occhi
ci fa viaggiare in mondi mai sognati,
ci invita a ricostruire la magia
C’è gente che con la sola stretta di mano
spacca solitudini, convoca a tavola
versa la pasta, colloca ghirlande,
che col solo impugnare una chitarra
compone sinfonie con odore di casa
C’è gente che col solo aprire bocca
raggiunge le frontiere di ogni anima,
allatta i fiori, ti riscalda i sogni,
fa canticchiare il vino nei boccali
e rimane poi così, come se niente fosse
E uno si fidanza allora con la vita
esiliando una morte solitaria
perché sa che in ogni canto della strada
esiste questa gente necessaria.
Hamlet Lima Quintana (Moròn, provincia di Buenos Aires- 15 settembre 1923 – Buenos Aires, 21 febbraio 2002)
Trad. di M.F.









un salto nel tempo per rivedere la fusione elettrica in un orgia onirica di suoni


miksocrate

 Un ringraziamento a  Karim Dridi.  Con Miguel Del Morales, Pepín Vaillant, Mirta Gonzáles, Aníbal Ávila, Alberto Pablo, Armandito Machado, Mario Sanchez Martinez, Gilberto Mendez per la possibilità di poter mostrare spezzoni del documentario Cuba Feliz
mf
Copyright (c) 2011 - 2019-Tutti i diritti riservati. Vietata la copia anche parziale. Ogni abuso derivante dal plagio, dalla contraffazione, la copiatura, la distribuzione, la commercializzazione, del materiale e dei marchi brevettati, lo sfruttamento economico o pubblicitario dei contenuti del blog sarà perseguibile civilmente e penalmente.